Patologie urbane: un passato che non passa

La commedia della vita e la tragedia all’italiana

In ogni paese c’è un’orrenda casa moderna. L’ha progettata un geometra, figlio del sindaco. 

(Dino Risi)

Anche se a “casa moderna”, sostituirei “edilizia senza stile”, in questa frase del regista italiano che con intelligenza e ironia ci ha raccontato parte della nostra storia, condivido una verità che ancora oggi sopravvive.

Per Moderno, s’intende quel movimento che in architettura ha prodotto fino e oltre le due guerre mondiali, un pensiero nuovo e intellettuale, lo possiamo ancora leggere in molte abitazioni e opere pubbliche delle nostre città.

Mentre, la speculazione edilizia del dopoguerra, con la progressiva invasione di competenze progettuali ha permesso anche ai geometri di firmare molti progetti di abitazioni, senza possedere una cultura spaziale, le basi estetiche e una minima cultura storica, ha generato il conseguente degrado qualitativo.

Nel 2002, una riforma universitaria ha previsto una laurea breve che non ha certo risolto il problema, perché la formazione umanistica, non solo tecnica e, sopratutto, non specialistica, credo che sia alla base di ogni buona architettura.

http://www.architettiroma.it/archweb/notizie/11924.aspx

Un pensiero non tanto più comune per il buon costume di un Comune

Ora, gli architetti italiani in Italia non lavorano, solo pochissimi e quelli molto famosi progettano grandi opere pubbliche e rarissimi progetti abitativi poetici.

“Il giardino verticale” di Boeri, mi appare come un miraggio, nel deserto impossibile del nostro contemporaneo.

Penso che bisognerebbe tornare all’architettura come arte, come pensiero e, combattere, anche la persistente cattiva edilizia con tutta la sua volgarità umana.

Adesso lo Stato, non investe più, non solo nella cultura, ma nell’intelligenza: non promuove Architettura e non promuove Arte.

La verità che le opere italiane più significative e contemporanee sono presenti in città straniere. I cervelli geniali, per essere riconosciuti, sono già dovuti espatriare da tempo.

Quindi ascolto, sempre più spesso, apprezzamenti negativi da parte di una popolazione che dovrebbe socialmente corrispondermi che, con grande presunzione, priva di analisi critica infusa e fondante, si rimette al modello mass-mediatico del cattivo gusto comune che non vede, non legge e non si evolve.

Così il Nuovo, il pensiero e il sapere, sembrano non appartenerci più.

Nel nostro Rinascimento l’architettura era considerata una delle Arti e molti artisti, spesso, scrivevano trattati: dipingevano, scolpivano e realizzavano opere architettoniche.

Ora, da quando nel mondo occidentale è ritornata miracolosamente questa caratteristica che chiamerei oggi multilinguistica, sento ancora chiedermi: cosa fai dipingi? Accusata di teorizzare troppo, mi ritiro silenziosamente a rielaborare poetiche ancora poco produttive, riscrivendole attraverso immagini. (M.G.F.)