Esercizi vocali e il corpo della parola

Il tredici dicembre, dopo una serata concertistica a San Pietro in Vincoli, sono cambiate alcune mie percezioni rispetto all’ascolto e al senso spirituale dell’espressione artistica. Forse smosse ancora prima da un felice laboratorio di teatro che frequento da un po’ e rafforzate da una sorellanza nuova, con la quale, condivido pensieri e valori.

Il quattordici, vado in Piazza San Giovanni dove il nome al femminile, si fa espressione visiva e artistica e il corpo corale, assume altro rispettoso senso agli occhi di tutti. Dal movimento fermo nella piazza, sento che quel mio “cuore porto” diventa un corpo sociale. Un punto vibrante e diaframmatico dal quale ristabilire le distanze da disumane posizioni, come in un mio lavoro artistico di qualche tempo fa, fatto di luci e di pesci di fiume nel cielo. Tornando, passo da mio fratello e mia nipote mi legge i suoi straordinari racconti scolastici, dicendomi che purtroppo il prossimo anno, in scuola media, non farà più esercizi di scrittura creativa.

Il quindici mattina, torno per la terza volta, all’appuntamento pre-natalizio degli editori indipendenti, organizzato da Silvia Nono al cinema Sacher di Roma; dove ancora mi avvolge una atmosfera familiare e rassicurante, fatta di quelle passioni tramandate e assunte poi negli anni, con le quali sono cresciuta e con le quali spero di invecchiare. Alle 11,30 l’incontro con Fabrizio Gifuni, attore e regista, voce narrante dell’audiolibro “I sommersi e i salvati” di Primo Levi per Emons editore. Il racconto di Gifuni, riguarda la sua esperienza attoriale e interpretativa di vari autori: Gadda, Bolaño, Pasolini e al loro corpo fisico e al suo modo di farsi cadere addosso le parole per indossarle immedesimandosi con la loro voce o la loro lingua.  Così che il corpo dell’autore che non si vede, esiste ancora  prima della parola stessa. E allora, ripenso a Maurice Merleau-Ponty e a un suo scritto “Il visibile e l’invisibile”: [..]”Come il mondo è dietro al mio corpo, così l’essenza operante è dietro la parola operante, quella che, più che possedere il significato, è da essa posseduta, che non ne parla, ma lo parla, o parla in base ad esso, o lo lascia parlare e parlarsi in me, attraverso il mio presente”.[..]

Il sedici, mi rinchiudo in casa per studiare, ma le giornate intense e stimolanti dei giorni precedenti, riaccendono il desiderio di esprimermi con dei segni e, mi rimetto a leggere, cose pubblicate anni fa in un famoso social-network, in quei ricordi, allora pubblicati come appunti per altre elaborazioni.

Come : *profili da un verso all’altro. Un punto, l’incontro.   }}}}}} • {{{{{{

del 14 dicembre 2010

_Parto non più! dentro il buio, rinasco a nuovo sogno.

 del 16 dicembre 2010

_| Il nome_ la scuola_ la piazza_ con metafisiche forme riabbracciano le braccia. |

del 1 novembre 2016

E poi, in serata, inizio a disegnare bozzetti, seduta davanti al mio computer obsoleto, pensando: al corpo, al carattere, all’accento , al punto, alla vita e alla verità.

Il diciassette, mi sveglio tardi. Non mi capitava da mesi, forse ho anche sognato, ma non mi ricordo. Penso agli auguri, così mi rimetto al tavolo da lavoro e continuo nella mia elaborazione grafica, scrivo mail e invio i miei auguri con allegato aggiunto.

Il diciotto, oggi, continuo con i pensieri e gli auguri visivi che si trasformano in altre immagini. Un alfabeto in due lingue, in stile elementari.

Domani, il diciannove, pubblicherò queste parole, insieme a uno dei bozzetti, in questo blog da tempo abbandonato, abbandonandomi al silenzio del non confronto, consapevole che presto tornerò a studiare il linguaggio del corpo, l’ascolto dell’altro e lo stare insieme con un coro. Cose molto importanti per la mia vita di una certa età, ancora invisibile, che comprende oggi anche un luogo reale dal quale fare uscire il linguaggio “perché esso non è la voce di nessuno, perché è la voce stessa delle cose, delle onde e dei boschi”. (mgf)

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